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Antichissime e degne di menzione sono le origini e le vicende storiche della città di Acerra.
Acerra fu probabilmente di origine osca, come molte altre città della Campania interna, compresa la
non lontana Suessula. Da quest’ultima essa distava poche miglia e dal suo territorio era separata dal
corso del fiume Clanio.
Le due città ebbero vita autonoma e destini molto diversi. Suessula, i cui resti sono in parte
visibili in località “bosco di Calabricito”, una volta distrutta durante incursioni saracene (circa 880
d.C.) fu abbandonata dai suoi abitanti e non più ricostruita. Solo Acerra ha conservato fino ad oggi
lo stesso sito ed il nome (dal latino Acerræ è derivata la forma medioevale Acerra).
La città fece parte della dodecapoli etrusca capeggiata da Capua insieme ad altre come
Nola, Nuceria, Suessula, i cui siti sono stati in larga misura identificati, anche se non tutti
urbanisticamente delineati.
Sono basate sulla tradizione degli antichi scrittori, soprattutto di Livio, le notizie della
concessione della “civitas sine suffragio” (332 a.C.), privilegio che Roma riconosceva a città che
avessero dato prova di fedeltà in momenti particolarmente difficili (il pericolo, in quel tempo, era
rappresentato dai Sanniti).
Annibale, nel 216 a.C., in cerca di alleati contro Roma, non essendo riuscito a portare, con
un’opera di convinzione, Acerra dalla sua parte decise di punirla con l’assedio. Gli acerrani,
durante la notte, approfittando di varchi lasciati incustoditi e delle tenebre, si rifugiarono in città
rimaste fedeli a Roma.
I danni apportati dai cartaginesi furono notevoli. “Nocerini ed Acerrani che cercavano (al
ritorno) le loro case non le trovarono: Acerra era stata in parte incendiata, Nocera distrutta; a Roma
Fulvio fece richiesta al Senato che agli Acerrani si permettesse di ricostruire quanto era stato
distrutto”.
Così nel 211, gli Acerrani, stando alla tradizione liviana, ricostruirono la città con l’aiuto dei
Romani. Ma dove era la città ricostruita e dove quella distrutta? Le recenti ricerche archeologiche
effettuate nel quartiere Maddalena sembrerebbero confutare la precedente tesi che Acerra
preromana si trovasse nell’area del quartiere Gravina, a nord del Centro Storico: vi sono stati infatti
ritrovati tratti di un muro di cinta della città, databili all’incirca al IV sec. a.C.
Per lunghi anni Acerra sembra vivere la tranquilla vita di una città che diventa “romana” a
tutti gli effetti. La lingua e le istituzioni sono improntate alla nuova cultura.
Ma la guerra sociale (90 a.C.), che insanguinò molte zone d’Italia e che si propagò in
Campania, dove mal si sopportava il giogo romano (centro della ribellione era Capua), coinvolse
anche Acerra. Venne ad assediarla Papio Mutilo, attaccato, poi, dal console Lucio Giulio Cesare,
presso le mura. In seguito la città divenne Municipium e con la lex Julia ottenne il diritto di voto
nei comizi: ciò consentiva ai cittadini Acerrani di accedere alle magistrature anche in Roma.
Nell’anno 22 a.C., durante l’Impero di Augusto, Acerra fu assegnata in premio ai veterani:
divenne, per ciò, colonia militare e perse ogni libertà.
Come colonia Acerra perdeva le ultime tracce della sua cultura autoctona ma, in seguito,
come Prefettura, dovette rinunciare anche alle proprie leggi e al potere dei propri Magistrati: un
Prefetto la reggeva secondo leggi imposte da Roma.
Nella Acerra del tempo era diffuso il culto in onore degli dei egiziani Iside e Serapide, ai
quali era dedicato molto probabilmente un tempio, come riportano fonti epigrafiche, le quali
attestano anche la presenza di un tempio eretto in onore di Eracle e di un anfiteatro, che
l’archeologo A. Maiuri ritenne di aver individuato nell’area sottostante il Castello dei Conti, per la
particolare pianta del medesimo.
Ricerche condotte nel 1982 hanno consentito invece, di individuare, nell’ala delle vecchie
scuderie alcune strutture pertinenti alla scena di un teatro di I-II sec. d.C.. Per quanto riguarda i
primi secoli del Medio Evo non si riesce ad attingere sufficienti notizie. Nel 494 la città fu aggregata a Napoli e molto più avanti fu dominata dai Longobardi, che vi
edificarono un Castello (826) distrutto dal Duca di Napoli, Bono.
Subì devastazioni da parte dei Saraceni (circa 881) e divenne, in seguito, contea normanna
(nel frattempo il Castello era stato ricostruito, come indicano alcuni elementi decorativi venuti alla
luce nei recenti interventi di ristrutturazione e restauro). Conti in tale epoca furono Goffredo,
Ruggiero, Roberto e Riccardo di Medania.
Figlia di Roberto fu la regina Sibilia, acerrana, che andò sposa a Tancredi, re di Napoli.
In epoca sveva, feudatario fu, tra gli altri, Tommaso D’Aquino, legato all’imperatore
Federico II.
Poiché lungo sarebbe l’elenco dei signori che nella fase angioina ed aragonese ressero la
città, si ricordano in particolare i conti delle famiglie Origlia e del Balzo Orsini e il conte Federico
d’Aragona, futuro re delle due Sicilie.
In seguito vi si trovano i De Cardenas, dal 1496 in avanti. Il primo della famiglia fu
Ferdinando, mentre Maria Giuseppe fu l’ultima, infelice, contessa, morta nel 1812, due anni dopo
che venne abolita ad Acerra la feudalità.
Era già il periodo in cui, anche grazie alle bonifiche che vi erano state condotte fin dagli
inizi del ‘600, la città si andava espandendo ed al I nucleo urbano, corrispondente agli attuali
quartieri del Centro Storico (Maddalena, S. Giorgio, S. Cuono, Annunziata e Sott’o Muro), si
aggiungevano le nuove case che venivano edificate lungo i principali assi stradali.
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